DEFRAGMENT - Letteratura della Deprivazione Sensoriale

"Le vasche per la deprivazione sensoriale offrono un'esperienza molto interessante. Dopo una ventina di minuti in cui galleggi, al buio e in totale assenza di suoni, su acqua satura di sale solfato di magnesio, mantenuta alla temperatura corporea, il corpo appunto cessa di esistere o per lo meno di essere percepito come esistente e la mente si libera e viaggia, viaggia lungo i sentieri della memoria e della più dolce allucinazione, della reverie e della meditazione. Ti tornano alla mente cose, persone dimenticate, le vedi chiaramente, nel buio davanti/dentro di te, per pochi secondi o per qualche minuto, immagini, frammenti... Defragment. La sensazione che mi ha dato la lettura di Defragment è proprio questa, quella di un possibile capitolo di una ipotetica Letteratura della Deprivazione Sensoriale (e di deprivazione Akab parlava pure in Monarch, ma in quel caso per altre ragioni ed era un discorso diverso). E' un libro, nei suoi scarni testi, nelle frasi abbacinanti e spesso memorabili, anche quando volutamente banali e insulse ("vuoi il riso o la pasta?"), e nelle sue immagini potenti e violente, nel suo magnifico bianco e nero, è un libro che sembra ideato immaginato scritto dentro una vasca d'isolamento, risultato di quei sogni, di quelle visioni, versione lucida e salutare dello spleen dell'oppio. Un viaggio nella memoria che segue i ritmi casuali e imprevedibili e mistici dell'esperienza allucinatoria, e che come i trip ha un senso, quando sembra non averlo, ha un ordine, proprio quando sembra più confuso, una lucidità dove sembra più folle, una drammaticità struggente dove sembra più umoristico. Il Pinguino, il nemico di Batman, si sente infelice perchè ha smesso di disegnare, cosa che amava fare da piccolo, e questo lo uccide dentro. Come si chiama la tua ragazza? Margherita. E' l'ultima battuta di Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pasolini, così leggera dopo tanta pesantezza, così perfetta. Non so perchè ma l'ultima frase di Defragment, con il dialogo tra i due poliziotti che meditano un rapimento, mi fa pensare a quella chiusa. Questa è la mia personale vasca di deprivazione, gli scherzi che fa la mia memoria collegandosi a quella di Akab e di Pasolini e di Bob Kane (che creò Batman, ma fu lui a creare pure il Pinguino? Non ricordo), e alla memoria universale dove nascono le idee e come pesci noi le peschiamo, loro stanno li, l'oceano delle idee a disposizione di tutti, così la pensa Alan Moore, così la pensa David Lynch, così la pensa Jodorowsky. Forse lo pensa anche Akab, ma pure questo non lo ricordo. Non so se ne abbiamo mai parlato. Quando Akab mi ha spiegato come ha composto e creato Defragment sono rimasto molto colpito. Lo scriverei, ma non vorrei violare con la scrittura la sacralità di ciò che viene comunicato solo per via orale. Comunque alla base stanno, come dice la prima vignetta, più sincera dell'immaginabile, 300 pagine di frasi. 300 pagine di frasi. Un romanzo, praticamente, un romanzo nemmeno troppo breve composto da frasi probabilmente anzi sicuramente sconnesse le une dalle altre. Frasi deprivate, frasi isolate. E dei disegni. Non so se 30, o all'origine molti di più. E poi la mano del caos che li unisce, il trionfo della casualità creatrice di significato, la divinizzazione del Caos. Defragment è un libro-viaggio nella memoria figlio del Dio Caos. E' una serie di immagini scioccanti che sono ospitate o lo sono state in una mostra in una galleria nella stessa città in cui la precedente mostra di Akab è finita dopo un solo giorno di violenza psicologica e amore. Defragment è una non storia ed è una storia, una narrativa antinarrativa. Al cinema, si avvicinerebbe a Inland Empire o Mulholland Drive. E' uno stream of consciousness che paga letterariamente il debito a Burroughs e il cut up e quel tipo di esperimenti senza essere la solita odiosa scontata imitazione del vecchio zio Bill, o di Joyce. Passata sempre attraverso la deprivazione, c'è pure la Recherche proustiana, ma in modo infinitamente più divertente e dark. E' un libro su cui scrivere è facile e difficile. E' facile perchè nel suo essere aperto a mille mondi di memoria e immagini e idee puoi sbizzarrirti e scriverci sopra un sacco di cazzate e di deliri. Difficile perchè, anche rispetto ad altri dello stesso autore, non è semplice comprendere esattamente quale demone interiore lo abbia questo giro ispirato, quale sia il significato nascosto se ce n'è uno. E' un libro facilmente fraintendibile, fatto forse per essere frainteso, e lo scrive uno che di fraintendimenti se ne intende, in quanto i miei maggiori successi nella vita sono dovuti al fatto che ero stato appunto frainteso. Una sicurezza però c'è: è un libro bello. E' bello da leggere, nelle sue frasi brevi e secche che rimangono nella memoria. Bello da guardare, come appunto una mostra. E fa parte di quel gruppo non nurtritissimo di libri e di film che ha senso rileggere, riguardare, delle mostre che ha senso tornare a visitare, che ti dicono ogni volta qualcosa di nuovo, che ogni volta qualcos'altro ti regalano. Non è poco."